L’armata Brancaleone, film diretto da Mario Monicelli.

Il romanzo di Brancaleone, noto anche come Brancaleone, il romanzo, è il libro scritto dagli sceneggiatori Agenore IncrocciFurio Scarpelli e il regista Mario Monicelli, tratto dal soggetto del film L’armata Brancaleone (1965). Il romanzo è stato pubblicato dalla casa editrice Longanesi nel 1984.

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In un Medioevo italiano povero, rozzo, messo in ginocchio e pieno di ignoranza, il cavaliere Brancaleone da Norcia incontra quattro personaggi guidati da un commerciante ebreo: Abacuc. Questi si trova in possesso di una pergamena tedesca, sottratta al legittimo proprietario, che conferma l’eredità di un castello con le ricchezze e le vettovaglie che si trova nella città di Aurocastro nella Puglia.
Brancaleone tuttavia, considerandosi un uomo valoroso, nobile e protettore delle fanciulle (una sorta di Don Chisciotte della Mancia) rifiuta l’offerta per partecipare al torneo di Civita, perdendo miseramente. Infatti l’uomo, sebbene dimostri notevoli capacità di combattente, è molto sfortunato e ancor di più è messo a dura prova dagli scherzi dello sciocco destriero Aquilante (in realtà una sorta di risultato dall’accoppiamento di un mulo con una cavalla) e alla fine è costretto a mettersi in cammino con la sgangherata banda.
Durante il tragitto Brancaleone incontrerà il nobile bizantino Teofilatto e decide di farlo prigioniero per chiedere il riscatto alla famiglia, ma poi ci fa amicizia, di seguito s’innamora di Matelda e di Teodora, ma sarà ugualmente sfortunato con loro, ed infine, venendo sconfitto dai Saraceni non appena entra in possesso della proprietà, decide di redimersi inseguendo il frate Zenone nel suo pellegrinaggio in Terra Santa, a liberare dagli infedeli il Santo Sepolcro. https://it.wikipedia.org

Poco tengo, poco dongo. (Abacuc)
Prudenzia: queste son lande scanosciute e salvatiche. Due arditi in avanscoperta (Brancaleone)
Glorioso cavaliere, sanza lo tuo valore or non sarebbe quivi a ringraziarti et salutarti con tutte le sue genti Brancaleone da Norcia, patrone e signore di Aurocastro, sue vigne et suoi armenti. Concedimi dolce signore la permissione di ospitarti per lo manducare et per lo bevere allo mio castello. (Brancaleone) [al misterioso cavaliere che lo ha salvato dai Saraceni e che si rivela poi essere colui al quale è stata sottratta la concessione imperiale su Aurocastro]

L’armata Brancaleone è un film del 1966 diretto da Mario Monicelli.

Tra i film più noti della commedia italiana e tra i capolavori del regista. Vincitore di tre Nastri d’argento, fu presentato in concorso al 19º Festival di Cannes.

XI secoloBrancaleone da Norcia, sedicente nobile cavaliere, incontra un manipolo di miserabili: l’anziano notaio ebreo Abacuc, il robusto Pecoro, un ragazzino di nome Taccone e lo scudiero Mangoldo. Essi propongono di raggiungere il feudo di Aurocastro in Puglia, secondo quanto dettato in una misteriosa pergamena scritta da Ottone I il Grande, documento invero rubato a un cavaliere creduto morto. Inizialmente riluttante, dopo essere stato sconfitto in un torneo, Brancaleone accetta di capeggiare la spedizione.

Durante il viaggio per la penisola, viene coinvolto in diverse avventure: l’incontro con un principe bizantino diseredato, tale Teofilatto, che si aggrega all’armata; l’ingresso in una città apparentemente deserta dando licenza di saccheggio, salvo scoprirla poi infestata dalla peste. Ci si aggiunge il monaco Zenone (ispirato a Pietro l’eremita), diretto con dei pellegrini a Gerusalemme. L’attraversamento di un «cavalcone» (ponte) pericolante causa la caduta di Pecoro, sicché Zenone pensa ad una maledizione. Scoprendo la religione ebraica di Abacuc, il religioso gli impone il battesimo sotto una piccola cascata gelata. Tutto questo non impedisce che lo stesso monaco precipiti durante l’attraversamento di un successivo cavalcone.

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Durante il cammino si inoltrano in un bosco e proprio qui il cavaliere salva una giovane promessa sposa, Matelda, dalle grinfie di avidi barbari che hanno massacrato le guardie di scorta che erano con la ragazza. Brancaleone uccide il capo dei manigoldi e, in seguito, lei si offre di guidarli fino al suo tutore, ferito mortalmente dai barbari, che in punto di morte fa promettere a Brancaleone di portarla in sposa al nobile Guccione. Lei però non vuole sposare Guccione e vorrebbe invece Brancaleone, ma il cavaliere – spinto dai suoi ideali cavallereschi – rifiuta: la donna allora si concede – di nascosto da Brancaleone – nottetempo a Teofilatto. Dopo altri giorni di viaggio la comitiva giunge alla roccaforte di Guccione. Durante i festeggiamenti per il matrimonio di Matelda con Guccione, il nobile scopre che Matelda non è più vergine e fa di conseguenza rinchiudere Brancaleone, da lei accusato, in una gabbia. Gli amici dell’armata lo liberano, con l’aiuto di un fabbro, Mastro Zito. Brancaleone scopre dai suoi compagni di viaggio che Matelda è stata portata in un monastero da Guccione. Raggiunge quindi il convento e, dopo aver ucciso diverse guardie del nobile, arriva alla sua stanza, ma lei ha scelto di prendere i voti per espiare la giusta penitenza per il fatto di averlo accusato ingiustamente e non intende venir meno alla sua scelta. Brancaleone, sorpreso e amareggiato per la perdita del suo amore, parte quindi con i suoi amici, con l’aggiunta del fabbro Zito.

Le musiche dell’Armata Brancaleone sono state composte da Carlo Rustichelli e cantate dal tenore lirico leggero Piero Carapellucci. La colonna sonora venne incisa su dischi Parade.:

Gianni Rondolino nel Catalogo Bolaffi del cinema italiano 1966-1975 scrisse: «Il primo esempio di film maccheronico tutto costruito sui temi della farsa e del dramma, dell’avventura e della satira, stravolti da una continua invenzione formale, a livello di linguaggio e di stile cinematografico, che fa scaturire dalle immagini e dai dialoghi un’interpretazione grottesca sia nella realtà rappresentata sia nei modi della sua rappresentazione. Pur nell’ambito d’una esercitazione contenutistica e formale di stampo goliardico L’Armata Brancaleone per la novità ed il successo di pubblico, che ha avuto, costituisce un originale esempio di cinema di consumo le cui imitazioni sono state inferiori all’originale».