#Generazioni #Ritratti (Che cos’è un’emozione?), …Uomini di genere maschile! Contro il logorio della donna moderna, soffittizzatevi.

  1. #Tratti e #Ritratti #AlFemminile – Anna Andersonpseudonimo di Franziska Schanzkowski o, secondo altre fonti, Anastasija Romanov – Il mio nome era Anastasia di Ariel Lawhon (Autore)Piemme, 2019
  2. #Narrazioni a Sipario Chiuso – Muhammad Ali ha battezzato ad Atlanta anche la fiaccola dei Giochi invernali di Salt Lake City,
  3. #OlympicWinterGamesXIX Olympic Winter Games –  Salt Lake City 2002. Daniela Ceccarelli – Super G – oro olimpico
  4. #Tratti e #Ritratti #AlFemminile – Franca Faldini è stata un’attricegiornalista e scrittrice italiana. Totò, l’uomo e la maschera – Goffredo Fofi – Franca Faldini
  5. La #Bacheca: #FILM – Totò e le donne film del 1952 firmato ufficialmente da Mario Monicelli e Steno,
  6. #eTUcheMUSICAseiThe Verve – Bitter Sweet Symphony
  7. La #Bacheca: #LeParole – Potessi solo correre infinitamente, Emily Dickinson

Anna Andersonpseudonimo di Franziska Schanzkowski o, secondo altre fonti, Anastasija Romanov/Alessija Romanov Manahan (Borowy Las16 dicembre 1896 – Charlottesville12 febbraio 1984), è stata una donna polacca che dal 1920 al 1984, anno della morte, ha sostenuto di essere Anastasija Nikolaevna Romanova, quartogenita figlia dello zar Nicola II, fucilato il 17 luglio 1918. Successive analisi del DNA effettuate su alcuni resti in Russia hanno definitivamente dimostrato che la donna, malata di mente, non poteva in alcun modo essere la principessa Anastasija.

Dopo aver vissuto per un periodo nella Foresta Nera con il nome di Anna Anderson nel vano tentativo di sfuggire a curiosi e giornalisti, nel 1968 si trasferì negli Stati Uniti con il nome di Alessija Romanov, dove sposò lo storico John Eacott Manahan. Egli si autodescrisse spesso come “Granduca-in-Attesa” La coppia visse in un relativo squallore a Charlottesville, in Virginia. Anderson disse ad un visitatore che, nella Casa Ipatiev, l’intera famiglia imperiale ad eccezione dello zarevic fu ripetutamente seviziata, ed ognuno di essi era costretto a guardare l’altro mentre veniva violentato. Il 20 agosto 1979, dopo vari giorni di vomito ed ostinati rifiuti ad ogni aiuto, la Anderson fu portata al Martha Jefferson Hospital di Charlottesville. Il dottor Richard Shrum la operò immediatamente. Trovò ostruzioni e gangrene nell’intestino tenue causati da un tumore alle ovaie. Rimosse almeno una parte dell’intestino e richiuse la ferita. Il dottor Shrum commentò:

«Se ne sta in giro seduta con un fazzoletto tenuto sul naso, come se avesse paura di prendere qualche malattia.» INFO

Successive analisi del DNA e ricerche storiche hanno escluso che potesse essere una Romanov e l’hanno piuttosto identificata in una donna polacca che lavorava come operaia in Germania e che era già stata ricoverata, anche prima del 1920, in un ospedale psichiatrico di Berlino. Ovvero proprio Franziska Schanzkowski.

«Molti hanno raccontato la mia storia. Adesso è il mio turno.»Era il 16 luglio del 1918 quando i tumulti che scuotono la Russia dopo la Rivoluzione d’Ottobre prendono forma in uno degli atti più violenti che la storia dell’impero ricordi: l’esecuzione a sangue freddo dell’intera famiglia dello zar Nicola II Romanov. Sua moglie e i suoi figli furono tutti freddati a colpi di fucile nei sotterranei della casa di Ekaterinburg dove erano agli arresti domiciliari. Nessuno sopravvisse, o almeno così si pensò.È il 17 febbraio del 1920 quando una giovane donna viene ritrovata a Berlino, in un canale, vicina alla morte per assideramento. In ospedale, ormai salva, i medici scoprono che il suo corpo è ricoperto di orrende cicatrici. E quando finalmente la donna apre bocca, sarà per dire il proprio nome: Anastasia. In molti non le credono: per loro è solo Anna Anderson, una polacca emigrata in Germania, a cui interessa soltanto la fortuna della famiglia zarista. Ma in Europa comincia a diffondersi, tra reali in esilio e circoli dell’alta società, la voce che la giovane Anastasia sia sopravvissuta. Che la figlia più piccola dello zar Nicola II e della zarina Alessandra, la spericolata bambina che tutti amavano, sia ancora viva. Tra speculazione, verità, inganni, Ariel Lawhon costruisce un romanzo ricco, sorprendente e prezioso come un uovo Fabergé, raccontandoci la storia incredibile di Anastasia Romanova e di Anna Anderson, la donna che sostenne sempre di essere la granduchessa russa, giocando in modo irresistibile con la Storia e i suoi misteri.

Il mio nome era Anastasia di Ariel Lawhon (Autore)Piemme, 2019 INFO

 20011205> Muhammad Ali ha battezzato ad Atlanta anche la fiaccola dei Giochi invernali di Salt Lake City, che inizieranno il prossimo 7 febbraio. Dopo la commovente cerimonia dei Giochi estivi di Atlanta ‘ 96 – l’ ex campione è afflitto dal morbo di Parkinson – ieri Ali è tornato in quei luoghi per far nascere la prima fiamma delle nuove Olimpiadi. E’ partito così il lungo viaggio che porterà la torcia sul braciere di Salt Lake City, nello Utah, il 7 febbraio del 2002 FONTE

XIX Giochi olimpici invernali (in ingleseXIX Olympic Winter Games), noti anche come Salt Lake City 2002, si sono svolti a Salt Lake City (Stati Uniti d’America) dall’8 al 24 febbraio 2002.

L’8 febbraio 2002 iniziano le XIX Olimpiadi invernali a Salt Lake City e fin da subito nello sci alpino ci sono delle sorprese.

Quando sulle piste di Snowbasin il 17 febbraio 2002 è tutto pronto per il SuperG femminile tutti si aspettano che i valori tornino come sempre e a vincere siano le dominatrici della stagione. Ci sono tutte le grandi specialiste ma soprattutto Janica Kostelic, la vincitrice della Coppa del Mondo generale del 2001. La Kostelic se è in palla e senza infortuni può battere tutte su tutti i terreni. E in quell’Olimpiade la Kostelic è più che in palla, basti pensare alle vittorie poi successive al SuperG in Slalom Gigante, Slalom Speciale e Combinata.
In discesa Daniela Ceccarelli era arrivata ventesima e dice a fine gara che quella neve non le piace. Ma quella è la sua occasione e si butta a testa bassa nel SuperG. Al primo intermedio è dietro a Karen Putzer, ma nella parte centrale arriva a guadagnare fino a 40 centesimi che poi amministra e chiude con 27 centesimi sulla compagna di squadra. Ma lo spauracchio è la croata Kostelic che parte a tutta ma sbaglia piccolissime cose. Al traguardo tutti pensano abbia vinto e invece è solo seconda a 5 centesimi dalla Ceccarelli, che è oro olimpico senza aver mai vinto una gara di Coppa del Mondo.
E non vincerà mai Daniela, che parteciperà ancora a Torino 2006, non essendo al meglio dopo un infortunio una settimana prima delle Olimpiadi, per poi ritirarsi quando per un altro infortunio non riesce a partecipare a Vancouver 2010. INFO

Franca Faldini (Roma10 febbraio 1931 – Roma22 luglio 2016) è stata un’attricegiornalista e scrittrice italiana. Fu la fidanzata di Totò dal 1952 fino alla morte di lui nel 1967.

Figlia unica, nacque in una famiglia ebrea della borghesia romana che fuggì in Toscana all’introduzione delle leggi razziali. Dopo aver incontrato casualmente Ben Stahl, era stata scelta dall’artista statunitense per rappresentare l’Italia nel suo Momento a Villa d’Este: emozioni dall’album di un pittore americano in viaggio per l’Europa, pubblicato su Esquire. Franca Faldini si recò dunque negli Stati Uniti, dove vinse a Hollywood il premio di Miss Cheesecake, dedicato alle attrici esordienti ed ebbe modo di interpretare una piccolissima parte nel film Attente ai marinai!, apparendo in una scena dove bacia Jerry Lewis. Negli Stati Uniti visse due anni, e qui ebbe modo di conoscere Jane RussellMarilyn MonroeGary Cooper e altri. Il suo ritorno in Italia fu oggetto di un servizio della rivista Oggi, che attirò l’interesse di Totò, il quale iniziò a corteggiarla. 

Franca Faldini partecipò a molti film di successo al fianco di Totò (Totò e le donne, 1952; L’uomo, la bestia e la virtùUn turco napoletano e Il più comico spettacolo del mondo, tutti del 1953; Dov’è la libertà…? e Miseria e nobiltà, 1954; Totò all’inferno e Siamo uomini o caporali, 1955), sebbene, per sua stessa affermazione, della carriera cinematografica non le importasse niente, tanto da rifiutare offerte di lavoro da parte di registi come Alessandro Blasetti e Vittorio De Sica e interromperla a metà anni cinquanta. Nel 1977 scrisse il libro Totò: l’uomo e la maschera, realizzato insieme a Goffredo Fofi, in cui raccontava sia il lato artistico, sia la parte privata dell’attore, con l’intento principale di smentire alcune false affermazioni di scrittori e giornalisti sulla sua personalità

Questa storia parte da lontano, dal 15 febbraio del 1898, quando nel poverissimo rione Sanità Anna Clemente e Giuseppe – figlio del marchese de Curtis – danno alla luce il piccolo Antonio… Se il resoconto dell’uomo de Curtis è affidato alla voce narrante di Franca Faldini, suo ultimo amore, la più popolare descrizione della maschera Totò ce la racconta Goffredo Fofi, il critico che per primo ne ha saputo scoprire l’eccezionale genio creativo.

Sotto i nostri occhi si sviluppa così un vero ritratto a tutto tondo, l’intera evoluzione del Totò sia cinematografico che teatrale: rivivono in queste pagine il meglio del teatro, degli sketch e delle farse del principe della risata, e al contempo le vicende di un’Italia in continua trasformazione, ricca di illusioni e contraddizioni. Il volume è arricchito da un repertorio di testimonianze e omaggi di grandi personaggi che hanno conosciuto e amato il principe de Curtis, da Eduardo a Fellini, da Pasolini a Fo. INFO

Totò, l’uomo e la maschera – Goffredo Fofi – Franca Faldini
  • Minimum Fax, 2017
  • Pagine:404 p., Brossura
  • EAN:9788875217921

Totò e le donne è un film del 1952 firmato ufficialmente da Mario Monicelli e Steno, ma in realtà diretto dal solo Steno (i due avevano ricevuto l’incarico di scrivere e dirigere due film a quattro mani, questo e Le infedeli, ma all’insaputa dei produttori si divisero i film, una pellicola a testa, e Monicelli scelse Le infedeli). È il primo di numerosi film in cui Totò e Peppino De Filippo appaiono insieme. «Uomini di genere maschile! Contro il logorio della donna moderna, soffittizzatevi.»

Il cav. Scaparro, commesso in un negozio di stoffe, ha a che fare con clienti incontentabili e quando torna a casa trova una moglie insoddisfatta e invadente che gli anticipa chi è l’assassino dei suoi preferiti romanzi gialli. Si rifugia quindi in soffitta dove, guardando in camera, rivolge un appello agli spettatori del film esortandoli a “soffittizzarsi” per sfuggire all’attenzione delle mogli fumando e spargendo cenere dove capita e leggendo in pace i libri gialli dove le vittime sono preferibilmente donne. Proseguendo nel suo racconto agli spettatori il cavaliere racconta come deve sopportare anche la domestica incapace di ricordare chi lo ha cercato al telefono per un grosso affare, sembrandole che si trattasse di un melone (in realtà un milione di lire).

Un Totò in vestaglia e pantofole, sigaro in bocca, che, guardando in camera, si rivolge al pubblico con queste parole: «Uomini di genere maschile! Contro il logorio della donna moderna, soffittizzatevi». Soffittizzarsi ‘ritirarsi, trovare riparo in soffitta’: parola d’autore (come avrebbe detto Bruno Migliorini) creata da de Curtis-Totò nel 1952 (film: Totò e le donne; primo film in coppia con Peppino, regia di Steno e Monicelli), in realtà per invocare, con maschilismo tradizionale da avanspettacolo, la necessità per il laborioso uomo italiano di difendersi dalle irrazionalità femminili, cercando, di quando in quando, rifugio in un luogo appartato. Siamo nel 1952, il boom è ancora di là da venire, gli italiani non hanno grandi risorse. Non possono permettersi attici, mansarde (tanto meno loft) o terrazze chiuse e condonate. Devono ricorrere alla soffitta condominiale. Proprio in soffitta Totò si ricava spazio e momenti di privato sollievo. Da qui l’invito rivolto agli «uomini di genere maschile», che ricalca da una parte la pubblicità del Cynar ancor oggi in auge (nella parodia di Elio e le Storie Tese), mentre dall’altra, nella neoformazione verbale, è «ispirato forse al “vespizzatevi” della Piaggio a sua volta sul “motorizzatevi”» (Gian Luigi Beccaria, Se l’osatura è l’atto di osare, utilizzatevi, in «La Stampa», 22 settembre 2006 www.lastampa.it). FONTE

Bitter Sweet Symphony è un singolo del gruppo musicale britannico The Verve, pubblicato il 16 giugno 1997 come primo estratto dal terzo album in studio Urban Hymns. Il brano è noto per il suo riff d’archi che caratterizza quasi l’intera composizione: esso è stato campionato dalla versione orchestrale di The Last Time, canzone dei Rolling Stones del 1965, riarrangiata dalla Andrew Oldham Orchestra per il loro album The Rolling Stones Songbook.

The Verve – Bitter Sweet Symphony
Etichetta:Hut Recordings – HUTDX 82, Virgin – 7243 8 94360 2 0, Hut Recordings – 7243 94360 2 0
Formato:CD, Single, CD2
Uscita:
Potessi solo correre infinitamente, Emily Dickinson

...Dico “Fossi solo un’ape”
su una zattera d’aria
e remassi nel nulla tutto il giorno
e ancorassi “oltre la barra”

Che libertà! Così pensa il prigioniero
stretto nella cella sotterranea.
(Traduzione di Massimo Bacigalupo)

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